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Sei qui: HomeNewsNewsUSARLO O PERDERLO: COM’È CHE LE PIANTE HANNO CONQUISTATO IL MARE

La genetica ci mostra come le piante marine sopravvivono in condizioni ambientali mutevoli e ci fornisce importanti informazioni per la conservazione e l’uso sostenibile di questi importanti ecosistemi

Posi and Cymo CO2 vents30.01.2024 Napoli/Ghent/Groningen/Kiel. Le angiosperme marine (in inglese seagrasses) costituiscono la base di ecosistemi marini costieri ricchi di biodiversità, ed allo stesso tempo fra i più vulnerabili a livello globale. Queste piante sono apparse circa 100 milioni di anni fa in tre lignaggi indipendenti, da progenitori d'acqua dolce non imparentati tra loro e sono le uniche piante a fiore che vivono completamente sommerse. La colonizzazione di un ambiente così radicalmente diverso da quello di origine è un evento evolutivo raro e sicuramente non semplice. Come è avvenuto? Il sequenziamento di nuovi genomi di riferimento di alta qualità forniscono indizi importanti per la conservazione di queste specie e per future applicazioni biotecnologiche.

Un gruppo internazionale di 38 ricercatori coordinati dal professor Yves Van de Peer, dell'Università di Ghent, Belgio, dalla professoressa Jeanine Olsen, dell'Università di Groningen, Paesi Bassi, dal professor Thorsten Reusch, del GEOMAR Helmholtz Centre for Ocean Research di Kiel, Germania e dal dottor Gabriele Procaccini, Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, Italia, ed in collaborazione con il Joint Genome Institute, Berkeley, California, Stati Uniti d'America, ha sequenziato e analizzato i genomi di tre delle più importanti specie di angiosperme marine: Posidonia oceanica l'iconica “erba di Nettuno” endemica del Mediterraneo, Cymodocea nodosa la “piccola erba di Nettuno” con distribuzione più ampia e Thalassia testudinum “l’erba delle tartarughe”, endemica dei Caraibi.

I ricercatori hanno esaminato prima la struttura dei genomi e poi confrontato le famiglie di geni e le vie metaboliche associate agli adattamenti specifici avvenuti nelle piante marine rispetto ai loro antenati di acqua dolce. I risultati sono stati appena presentati in una pubblicazione peer-reviewed intitolata "Seagrass genomes reveal ancient polyploidy and adaptations to the marine environment", sulla rivista scientifica Nature Plants.

Gli ecosistemi delle angiosperme marine forniscono molteplici funzioni e servizi, come ad esempio la protezione dall'erosione della linea di costa e la creazione di hotspot di biodiversità per una vasta comunità associata di animali ed alghe. Inoltre essi rappresentano una “Soluzione basata sulla natura” per la mitigazione del clima, grazie alla loro capacità di immagazzinare il carbonio nella loro biomassa sotterranea. Sia la conservazione che il ripristino di questi importanti ecosistemi sono oggetto di ricerche intensive perché le piante marine sono minacciate, così come le barriere coralline, dal riscaldamento climatico e da altri impatti umani.

Come dice il proverbio, "Molte mani e molte teste rendono il lavoro leggero": Per iniziare, il consorzio di ricerca ha analizzato la struttura dei genomi dal punto di vista evolutivo, seguita da un'analisi comparativa degli oltre 20.000 geni e delle principali vie metaboliche che si sono evolute in rispetto a specifici adattamenti marini. Successivamente, i 23 gruppi di ricerca che hanno collaborato si sono concentrati su diversi insiemi di geni strutturali o con diverse funzioni fisiologiche. Una domanda chiave è stata se gli adattamenti genomici siano avvenuti in parallelo tra le diverse linee evolutive o se siano sorti in modo indipendente ed abbiano coinvolto gruppi di geni differenti.

La professoressa Olsen sottolinea che: "Le angiosperme marine hanno subito una serie di adattamenti estremamente rari. Mentre l’adattamento agli ambienti d'acqua dolce si è verificato più di 200 volte nella storia evolutiva delle piante a fiore, coinvolgendo centinaia di lignaggi e migliaia di specie, le piante marine si sono evolute dai loro antenati d'acqua dolce solo tre volte, coinvolgendo solo 84 specie. Per fare questo è stata necessaria una particolare tolleranza alla variazione di fattori ambientali, quali alta salinità, bassa luce ed un'ampia gamma di temperature, così come la capacità di catturare il carbonio sott'acqua per la fotosintesi, una diversa difesa dagli agenti patogeni, una flessibilità strutturale e l'impollinazione subacquea".

Un risultato importante è stato che le piante marine sono state in grado di avviare un adattamento radicale attraverso la duplicazione del genoma, spesso associata a gravi stress ambientali.

"Il confronto tra i genomi di angiosperme marine con i lignaggi gemelli d'acqua dolce, ha rivelato un'antica triplicazione dell'intero genoma avvenuta circa 86 milioni di anni fa. Si tratta di un evento molto interessante, perché a quell'epoca ampie zone dell'oceano erano prive di ossigeno ed è anche un evento che accomuna i tre lignaggi", spiega il professor Van De Peer.

Inoltre, i ricercatori hanno scoperto che il mantenimento e l'espansione di alcune famiglie di geni potevano ancora essere ricondotti, attraverso blocchi di geni conservati (sintenici), a questi primi eventi di duplicazione; come ad esempio i flavonoidi che forniscono protezione contro le radiazioni ultraviolette e i funghi, stimolando al contempo il reclutamento di batteri azotofissatori; l’espansione delle cisteine ossidasi per far fronte alla mancanza di ossigeno nei sedimenti e variazioni nei geni associati agli orologi circadiani. I risultati hanno anche dimostrato che gli elementi trasponibili (i "geni che saltano") hanno svolto un ruolo importante nel creare nuove variazioni genetiche su cui la selezione ha potuto agire. Questo vale in particolare per i grandi genomi di Thalassia testudinum e Posidonia oceanica.

Il team ha anche scoperto che diversi adattamenti sono il risultato della convergenza evolutiva. Questo vale soprattutto per i tratti che diventano ridondanti o dannosi in un ambiente marino sommerso e altamente salino. La perdita dei geni per gli stomi (i minuscoli fori sulla superficie delle foglie che consentono lo scambio di gas con l'atmosfera), di geni che codificano per sostanze volatili e processi di difesa da agenti patogeni e per tollerare le ondate di calore marine, in particolare i fattori di shock termico, sono esempi convincenti di "usarlo o perderlo".

Spiega il dottor Procaccini: "È chiaro che nell’adattamento alla vita in ambiente marino ha svolto un ruolo dominante la messa a punto di modifiche funzionali di numerose vie metaboliche già presenti nelle specie di piante acquatiche, piuttosto che l’emergere di funzioni importanti totalmente nuove. La tolleranza all’alta salinità ne è un buon esempio: si è verificata una maggiore efficienza di più processi per regolare sodio, cloro e potassio. I cambiamenti evolutivi hanno anche fornito alle diverse specie la capacità di resistere a condizioni ambientali diverse".

Il professor Reusch riassume: "La maggior parte delle funzioni ecologicamente importanti sono tratti complessi, che coinvolgono l'interazione di molti geni attraverso percorsi flessibili. Con gli strumenti genomici ora sviluppati per le principali angiosperme marine, possiamo iniziare a testarle e manipolarle sperimentalmente. Questo è particolarmente importante per il loro ripristino negli attuali scenari di cambiamento climatico che comportano molte delle condizioni qui discusse".

Le nuove risorse genomiche accelereranno gli studi sperimentali e funzionali, particolarmente importanti per la gestione e il ripristino degli ecosistemi di piante marine. Sono una risorsa formidabile per l’intera comunità dei ricercatori.

TEAM STAZIONE ZOOLOGICA ANTON DOHRN
Gabriele Procaccini (EMI), Emanuela Dattolo (EMI), Jessica Pazzaglia (EMI), Miriam Ruocco (EMI e Uni Bologna), Luca Ambrosino (RIMAR), Marilù Chiusano (RIMAR e Uni Federico II, Napoli), Lazaro Marin-Guirao (EMI e IEO, Murcia, Spain)

Original publication

Xiao Ma, Steffen Vanneste, Jiyang Chang, Luca Ambrosino, Kerrie Barry, Till Bayer, Alexander A. Bobrov, Lori Beth Boston, Justin E. Campbell, Hengchi Chen, Maria Luisa Chiusano, Emanuela Dattolo, Jane Grimwood, Guifen He, Jerry Jenkins, Marine Khachaturyan, Lazaro Marin-Guirao, Attila Mesterhazyt, Danish-Daniel Muhd, Jessica Pazzaglia, Chris Plott, Shanmugam Rajaskear, Stephane Rombauts, Miriam Ruocco, Alison Scott, Min Pau Tan, Jozefien Van de Velde, Bartel Vanholme, Jenell Webber, Li Lian Wond, Mi Yan, Yeong Yik Sung, Polina Novikova, Jeremy Schmutz, Thorsten B.H.Reusch, Gabriele Procaccini, Jeanine L. Olsen & Yves Van de Peer (2024): Seagrass genomes reveal ancient polyploidy and adaptation to the marine environment. Nature Plants, doi: https://doi.org/10.1038/s41477-023-01608-5

Project funding

DOE, JGI, Berkeley, California, USA, under the Community Sequencing Program 2018, Project no. 504341 (Marine Angiosperm Genomes Initiative-MAGI). Additional sequencing and bioinformatic support from HudsonAlpha Institute for Biotechnology, Huntsville, Al-USA and DNA/RNA extraction and processing from the Arizona Genomics Institute, Tucson, AZ-USA)

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