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Nel 1898 Camillo Golgi descrisse la struttura intracellulare che in seguito prese il suo nome, l’apparato di Golgi, e che oggi sappiamo essere coinvolta nel trasporto e nella modificazione di proteine destinate alla secrezione. L’apparato di Golgi può essere formato da unità singole o multiple; quest’ultime possono rimanere indipendenti o connettersi le une alle altre in un’unica struttura centralizzata chiamata Golgi ‘ribbon’. Il ribbon è generalmente considerato un’organizzazione dell’apparato di Golgi esclusivamente presente nelle cellule degli animali vertebrati. Il motivo per cui il Golgi ribbon si sia evoluto e le sue funzioni biologiche non sono chiare. Tuttavia, in diverse patologie, tra cui le malattie neurodegenerative, questa organizzazione dell'apparato di Golgi viene persa, indicandone l’importanza per la fisiologia cellulare.
Lavorando sulla secrezione cellulare, prima a UConn Health negli Stati Uniti e in seguito all’University College London nel Regno Unito, il dottor Ferraro è stato a lungo affascinato dal Golgi ribbon, ipotizzando che le sue funzioni possano essere decifrate tramite un approccio di biologia comparativa, in una prospettiva evoluzionistica. Rientrato in Italia, alla Stazione Zoologica Anton Dorhn, il dottor Ferraro ha focalizzato i suoi interessi sul Golgi ribbon conducendo uno studio che ha coinvolto numerosi colleghi dell’istituto napoletano e di centri di ricerca in Francia, Spagna, Germania, Regno Unito, Norvegia e Stati Uniti (*). Lo studio, apparso in questi giorni sulla rivista Cell Reports (ref) ha scoperto che lungi da essere esclusivo dei vertebrati il Golgi ribbon è presente nelle cellule di molti gruppi tassonomici di animali. Queste osservazioni indicano che questa struttura dell’apparato di Golgi è apparsa presto nella storia evolutiva degli animali, prima della loro diversificazione nei gruppi oggi esistenti. Lo studio ha anche rivelato che questa struttura, inizialmente assente, si forma durante lo sviluppo embrionale nel riccio di mare, nell’ascidia e nell’anfiosso. Questa osservazione suggerisce la possibilità che il Golgi ribbon abbia una funzione nello sviluppo embrionale e che forse questo è il ruolo ancestrale per cui si è evoluto.
Rivelando l’insospettata e ampia presenza del Golgi ribbon tra gli animali, lo studio che si è avvalso della collaborazione interdisciplinare di zoologi, biologi cellulari, dell’evoluzione e dello sviluppo riporta l’attenzione della comunità scientifica su questa struttura enigmatica e sulla importanza di decifrarne le funzioni. Futuri studi in questa direzione permetteranno una maggiore comprensione del ruolo del Golgi ribbon nell’evoluzione delle cellule animali e nella loro fisiologia, e delle conseguenze che la sua perdita sul decorso delle malattie neurodegenerative e di altre patologie.

 

 Foto 1 Golgi

Un’indagine morfologica dell’apparato di Golgi in specie contemporanee ha permesso di identificare l’origine del Golgi ribbon durante la storia evolutiva degli animali nell’antenato comune degli cnidari (meduse e coralli) e dei bilateri (tutti gli animali con simmetria bilaterale).

Figura 2 Golgi

Le immagini mostrano un embrione di riccio di mare (Paracentrotus lividus) marcato con indicatori fluorescenti dell’apparato di Golgi (verde) e della membrana plasmatica (magenta). Si può osservare come l’apparato di Golgi, inizialmente presente come elementi separate nelle cellule embrionali, divenga una singola struttura, il Golgi ribbon. Il tempo trascorso dalla fecondazione è indicato.

 

*Oltre a Francesco Ferraro allo studio hanno contribuito Giovanna Benvenuto, Serena Leone, Emanuele Astoricchio, Enrico D’Aniello, Salvatore D’Aniello e Ina Arnone della Stazione Zoologica Anton Dohrn; Sophia Bormke, Jack Ullrich-Lüter e Carsten Lüter del Museo di Storia Naturale di Berlino in Germania; Sanja Jasek e Gáspár Jékely del Living Systems Institute della University of Exeter nel Regno Unito; Maike Kittelmann del Department of Biological and Medical Sciences della Oxford Brookes University nel Regno Unito; Kent McDonald della University of California Berkeley negli Stati Uniti; Volker Hartenstein del Department of Molecular, Cell and Developmental Biology dell’University of California Los Angeles negli Stati Uniti; Valentina Baena del Department of Cell Biology di UConn Health di Farmington negli Stati Uniti; Héctor Escrivà e Stephanie Bertrand dell’Istituto di Biologie Intégrative des Organismes Marins della Universita della Sorbona e CNRS in Francia; Bernd Schierwater dell’Institute of Ecology and Evolution della Hannover University of Veterinary Medicine Foundation in Germania; Pawel Burkhardt del Michael Sars Centre dell’Università di Bergen in Norvegia; Iñaki Ruiz-Trillo dell’Institut de Biologia Evolutiva dell’Università Pompeu Fabra di Barcellona in Spagna. February 29, 2024 DOI:https://doi.org/10.1016/j.celrep.2024.113791

L’Associazione Amici dell’Acquario di Napoli presenta l’incontro-dibattito Dialogo sugli Oceani che si svolgerà lunedì 22 aprile alle ore 17:30 presso la sala Donato Marino della Stazione Zoologica Anton Dohrn in Villa Comunale.

Da una parte Roberto Casati, filosofo, che ha proposto un forte cambiamento delle nostre prospettive di vita nel suo libro “Oceano”. Casati scrive “La filosofia e il mare sono legati a doppio filo”, e ci racconta perché nella sua opera. Dall’altra Daniele Iudicone, oceanografo, che studia le dinamiche di quello stesso oceano, e legge i movimenti delle correnti e delle onde come fossero parole sulla pagina di un libro.

Introduce e modera:
Silvia Caianiello, storica della scienza
Istituto per la Storia del Pensiero Filosofico e Scientifico Moderno, CNR

Intervengono:
Roberto Casati, filosofo
École normale supérieure di Parigi

Daniele Iudicone, oceanografo
Stazione Zoologica Anton Dohrn

Con l'occasione sarà inaugurata la mostra Above and Below: visioni di città e paesaggi terrestri ripresi sotto il pelo dell’acqua di mare giocando con la variazione dell’indice di rifrazione tra acqua e aria. L’esposizione fotografica sarà arricchita da paesaggi sonori opposti: da una parte i rumori del traffico di una città (Napoli), e dall’altra il soundscape sottomarino costiero del Golfo di Napoli.

Fotografie:
Martin Devrient

Installazione sonora:
Francesco Caruso, bioacustico
Stazione Zoologica Anton Dohrn


Marco Signore, paleontologo
Stazione Zoologica Anton Dohrn

La serata si concluderà con un brindisi.
L’ingresso è libero fino ad esaurimento posti.


Vi aspettiamo!

Pilar Tozzi
Presidente Associazione Amici dell’Acquario di Napoli

Marina Montresor
Segreteria Associazione Amici dell’Acquario di Napoli

 

invito 22 aprile page 0001

 

Avviso: procedura partecipata per l’acquisizione di proposte e/o osservazioni per la modifica del Codice di comportamento della Stazione Zoologica Anton Dohrn

Scadenza 30.04.2024

Avviso pubblico

Modulo scaricabile

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Pubblicato il 03.04.2024

LabUna nuova specie di parassita è stata descritta da una rara specie di razza della costa Pacifica della Costa Rica il cui nome scientifico è Urotrygon munda. La nuova specie di trematode nominata Anaporrhutum mundae è stata descritta da un team di ricercatori della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli (SZN), dell’Universidad de Costa Rica (UCR) e dell’ Instituto Costarricense de Pesca y Acuicultura. Il team guidato dal Dr. Mario Santoro (SZN) e dal Dr. Alberto Solano-Barquero (UCR) ha pubblicato questa nuova scoperta nella rivista scientifica Journal of Helminthology (https://doi.org/10.1017/S0022149X2400018X) nell’ambito di un progetto internazionale finalizzato allo studio della biodiversità parassitaria dei pesci marini della Costa Rica. La Costa Rica possiede un’impressionante livello di biodiversità che include anche tante specie endemiche di differenti taxa. Il Dr. Mario Santoro sostiene che il proseguo della ricerca condurrà alla scoperta di molte nuove interessanti “sorprese” nei pesci della Costa Rica.

 

Uno studio condotto da un team della Stazione Zoologica Anton Dohrn guidati dal ricercatore Ulisse Cardini del Dipartimento di Ecologia Marina Integrata firma una nuova pubblicazione scientifica che esplora il ruolo delle simbiosi tra le piante marine e i loro partner microscopici e come l’acidificazione degli oceani influisca sul loro nutrimento.

Posidonia CardiniLe praterie di piante marine sono ecosistemi ricchi di biodiversità, simili a giardini sottomarini, fondamentali per la vita degli oceani e delle creature marine. Tuttavia, si trovano ora ad affrontare una minaccia crescente: l'acidificazione degli oceani, derivante dalla dissoluzione eccessiva di anidride carbonica, prodotta principalmente dalle attività umane.

Per comprendere gli effetti di tale acidificazione sul nutrimento delle piante marine, uno studio innovativo si è concentrato sulla Posidonia oceanica nel Mar Mediterraneo e sul ruolo dei suoi simbionti microscopici. Sfruttando le emissioni di anidride carbonica provenienti dalle attività vulcaniche presso l'isola di Ischia, in Italia, gli scienziati hanno studiato questa pianta e i suoi simbionti in condizioni di acidità non lontane da quelle previste per il futuro degli oceani. Alla guida di questo importante lavoro il dott. Ulisse Cardini della Stazione Zoologica Anton Dohrn presso il Genoa Marine Center, in collaborazione con ricercatori dell’Università di Brema in Germania, dell’Istituto per le Risorse Biologiche e le Biotecnologie Marine - CNR di Ancona, dell’Università di Aarhus in Danimarca e dell’Università della Boemia Meridionale in Repubblica Ceca.

Le loro scoperte sono state sorprendenti: nonostante l'acidità crescente, le praterie di posidonia mostrano una straordinaria resilienza nei processi del ciclo dell'azoto, un nutriente fondamentale per la loro crescita. Le foglie di queste piante marine sono diventate vere e proprie centrali per le trasformazioni dell'azoto, coinvolgendo una vasta gamma di microorganismi simbiotici, tra cui Batteri e Archaea.

Ancora più interessante, commenta il dott. Ulisse Cardini, è stato osservare che, nonostante l'acidità in aumento, questi microorganismi non solo rimangono attivi ma accelerano anche molti processi cruciali. Mentre le piante marine traggono beneficio dall'aumento di anidride carbonica per la fotosintesi e la produzione di zuccheri, i microorganismi favoriscono la sintesi proteica attraverso una maggiore acquisizione di azoto.

Tuttavia, spiega ancora il dott. Cardini, questo vantaggio nutrizionale non è privo di rischi, dal momento che può aumentare il rischio di predazione da parte di erbivori e altri organismi. Questo delicato equilibrio mette in evidenza l'importanza di uno studio dettagliato dei processi che regolano la salute e la resilienza degli ecosistemi marini.

In conclusione, questo studio fornisce preziose informazioni su come le piante marine e i loro microbi affrontano l'acidificazione degli oceani, sottolineando l'importanza di proteggere questi ecosistemi, fondamentali per contrastare i cambiamenti climatici e per la conservazione della vita oceanica per le generazioni future.

Team Stazione Zoologica Anton Dohrn
Ulisse Cardini (EMI), Johanna Berlinghof (EMI e Università di Brema), Luis Montilla (EMI), Friederike Peiffer (EMI), Ugo Marzocchi (EMI e Università di Aarhus), Francesca Margiotta (RIMAR), Maria Abagnale (RIMAR)

Original publication
Johanna Berlinghof, Luis M. Montilla, Friederike Peiffer, Grazia M. Quero, Ugo Marzocchi, Travis B. Meador, Francesca Margiotta, Maria Abagnale, Christian Wild & Ulisse Cardini. Accelerated nitrogen cycling on Mediterranean seagrass leaves at volcanic CO2 vents. Communications Biology 7, 341 (2024). https://doi.org/10.1038/s42003-024-06011-0

Project funding
This research was supported by a Ph.D. fellowship co-funded by the Stazione Zoologica Anton Dohrn (SZN) and the University of Bremen (to J.B. and F.P.), a Ph.D. fellowship funded by the Open University – SZN Ph.D. Program (to L.M.M.), and a SZN postdoctoral fellowship (to U.M.). U.C. was partially supported by the Italian PRIN 2022 project ENGAGE (grant n. 20223R4FJK) and PRIN 2022 PNRR project BORIS (grant n. P2022R739J), funded by the European Union – Next Generation EU.

4 marzo 2024 - Accademia Nazionale dei Lincei

WhatsApp Image 2024 03 06 at 12.04.05La conferenza presso l'Accademia Nazionale dei Lincei è stata un affascinante viaggio attraverso i progressi scientifici nel campo della fotosintesi, dedicato al ricordo di Giorgio Forti, membro dell'Accademia e pioniere di questo campo.

La giornata ha visto la partecipazione di eminenti scienziati italiani e internazionali, sotto la guida del Comitato ordinatore, coordinato dal nostro Presidente Roberto Bassi.

Il Presidente della Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali dei Lincei, Giorgio Parisi, ha dato il benvenuto, sottolineando l'importanza della conferenza in onore di Giorgio Forti.

Lia Forti ha fornito uno sguardo intimo sulla vita di Giorgio Forti, evidenziando le sue esperienze giovanili, tratti umani e il suo impegno sia in ambito scientifico che sociale. Maria Ida De Michelis (Università di Milano) e Massimo Annibale Rossi (ONG Vento di terra - Milano) hanno riattraversato le principali tappe della vita accademica di Giorgio Forti, mettendo in luce in particolare il suo ruolo spessore umano e il suo ruolo nella formazione di scienziati di successo. Giuseppe Zucchelli (Istituto di Biofisica CNR - Milano) ha poi delineato lo sviluppo degli studi fotosintetici negli ultimi 40 anni, evidenziando i contributi promossi da Giorgio Forti.

Nella successiva sessione scientifica, Paolo Bernardi (Università di Padova) ha iniziato tracciando lo sviluppo storico della ricerca sulla sintesi dell'ATP, sottolineando l'importanza di Giorgio Forti attraverso il GruppoWhatsApp Image 2024 03 06 at 12.05.25 Italiano di Bioenergetica. Nathan Nelson (Tel Aviv University) ha descritto il lavoro fatto e i progressi compiuti nello studio della struttura e funzione dei sistemi fotosintetici. Leonardo Guidoni (Università dell’Aquila) ha raccontato lo stato dell’arte sullo studio dell’ossidazione dell’acqua, con particolare riferimento all’identificazione delle specie chimiche intermedie, combinando studi teorici e sperimentali. Giovanni Finazzi (CNRS - Grenoble) ha esplorato tre temi fondamentali studiati da Forti negli anni '90 e 2000, sottolineando la rilevanza delle sue intuizioni sulla generazione di gradienti protonici, il bilanciamento della sintesi di ATP e la topologia cellulare nella fotosintesi. Dario Leister (Ludvig University - Munich, Germany) ha presentato ricerche sul flusso ciclico degli elettroni, rivelando il ruolo chiave di PGR5 e gli studi sul suo complesso controllo. WhatsApp Image 2024 03 06 at 12.06.49Tomas Morosinotto (Università di Padova) ha continuato parlando degli studi in atto sul sistema ascorbato-perossidasi del cloroplastoWhatsApp Image 2024 03 06 at 12.05.58 e il suo ruolo nel trasporto pseudo-ciclico degli elettroni. Roberta Croce (Vrije Universiteit - Amsterdam) ha revisionato i metodi utilizzati dagli organismi fotosintetici per bilanciare la raccolta di fotoni da parte dei fotosistemi su varie scale temporali.

Giulio Cerullo (Politecnico di Milano) ha illustrato l'applicazione della spettroscopia ultra veloce per seguire i processi fotoindotti nei complessi fotosintetici, offrendo un'analisi dettagliata su LH2 di batteri viola e LHCSR3 di alghe verdi.

Maurizio Prato (Università di Trieste) ha concluso la giornata offrendo una prospettiva sullo stato attuale dello sviluppo di sistemi fotosintetici artificiali e le loro applicazioni.

La giornata si è chiusa con una discussione generale, riflettendo sull'impatto delle ricerche presentate e aprendo la strada a future prospettive scientifiche.

In conclusione, il Convegno Linceo ha fornito un tributo ricco di aneddoti a Giorgio Forti, celebrando la sua eredità scientifica e sociale nel campo della fotosintesi.

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Bando Borsa Brancaccio 2024

Scadenza ore 12.00 del 10 maggio 2024

Roberto Bassi, vicentino, docente di Biochimica e Fisiologia vegetale all’Università di Verona, membro dal 2012 dell’Accademia Nazionale dei Lincei e dal 2015 dell’Academia Europea, è stato scelto dal ministro dell’Università e della Ricerca, Annamaria Bernini, in una rosa di cinque nomi proposta da una commissione tecnico-scientifica.

La carriera

Il prof. Roberto Bassi si è laureato in Biologia a Padova nel 1977. Ha conseguito le specializzazioni in genetica a Copenaghen, in Biofisica a Parigi ed in Biologia Molecolare a Ginevra. Ha insegnato presso le università di Padova, Urbino, Losanna e Marsiglia. All’Università di Verona, dove insegna, si occupa di bioenergetica ed in particolare della fotosintesi di alghe, muschi e piante. Nel 2009 ha ricevuto il premio “von Humboldt” e nel 2012 il premio dell’Accademia Cinese delle Scienze.

Intervista rilasciata a La Repubblica

La Stazione Zoologica Anton Dohrn ha un nuovo presidente. Dopo le dimissioni improvvise di Bowler a ottobre e la guida provvisoria del vicepresidente Silvio Greco, ora è Roberto Bassi, su mandato della ministra all’Università Anna Maria Bernini, a prendere le redini dell’ente di ricerca. Ente che si trova in una fase di transizione tra un passato scientificamente glorioso e la richiesta di dare risposte alle preoccupazioni sui cambiamenti climatici. “Dobbiamo comporre le due necessità in maniera sinergica”, dice Bassi. Classe 1955, vicentino, ha studiato Biologia a Padova, dove è stato ricercatore in Botanica. Si è poi specializzato in Genetica a Copenaghen, in Biofisica a Parigi e in Biologia Molecolare a Ginevra. Insegna Fisiologia vegetale all’Università di Verona. Dal 2012 è membro dell’Accademia dei Lincei e dal 2018 dell’EMBO (European Molecular Biology Organization).

Professor Bassi, congratulazioni. È contento?

“É per me un onore, ma anche una grande responsabilità. Conosco bene la Stazione Dohrn essendo già stato per sette anni componente e poi presidente del Comitato scientifico. È senza dubbio è il più grande polo per la ricerca biologica italiana, ma che sta attraversando una fase di cambiamenti, anche problematici.”

Perché? Quali sono i problemi?

“I cambiamenti più problematici hanno che fare con l’evoluzione degli studi biologici ambientali in Italia e le questioni gestionali, dovute alla sovrapposizione di competenze. La Stazione di Napoli, a fine Ottocento, ha fatto la sua storia gloriosa, sulla funzione degli organismi marini. Le ricerche portate avanti qui sono divenute un modello per lo studio di tutti gli organismi marini e terrestri. Tuttavia, negli ultimi dieci anni le cose sono cambiate, sotto la spinta dei problemi e cambiamenti ambientali: molti biologi hanno pensato che la Stazione potesse diventare un istituto di monitoraggio dell’ambiente marino”.

E non è così?

“É certamente una funzione importante, ed in Italia c’è chi se ne occupa. C’è una necessità di ricomporre le competenze, visto che le ricerche scientifiche evolvono continuamente. E molti nel mondo accademico, in particolare in quello dell’Accademia dei Lincei (ente tutelare della Stazione, che nomina 2 membri del Consiglio scientifico) ritengono che le risposte ai problemi ambientali, si debbano basare sulle conoscenze biologiche di base. E io sono tra questi”.

Cioè?

“Che la risposta ai problemi ecologici si possa trovare nella conoscenza della biologia di base e nelle sue interazioni con gli agenti fisici ambientali. In questo modo si potranno proporre soluzioni, alla luce dei nuovi scenari che si aprono a velocità imprevedibile”.

Non è una cosa di cui la Dohrn si occupa già?

“Certamente. Infatti, puntiamo a identificare le professionalità che affiancheranno quelle, già molto forti, presenti nell’istituto”.

Quali sono le priorità della sua presidenza?

“Innanzitutto, rafforzare il dipartimento di Biotecnologie marine, sulla scia di quanto è stato fatto negli ultimi anni con la precedente guida di Roberto Danovaro. E coordinarci con Ispra e CNR, distribuendo più razionalmente le nostre priorità, anche questa un’iniziativa già avviata dall’ex-presidente Danovaro”.

A proposito di priorità: tra pochi mesi è previsto il varo della nave di ricerca Dohrn.

“É un progetto ambizioso, ma costoso e devo confrontarmi con il ministero per le risorse disponibili e verificare che sia possibile mantenere e sviluppare questo impegno”.

Tornando al Consiglio scientifico che lei presiedeva, c’è un documento sindacale di pochi giorni fa, che l’accusa di non averlo mai convocato per 18 mesi. Come risponde?

“Non ho mai ricevuto questo documento, ma confermo che non ha avuto luogo un Consiglio scientifico formale nel corso del 2023. Il Consiglio deve riunirsi in base ad una relazione del presidente, che viene considerata e verificata dai singoli membri del CS in un processo dialettico che richiede entrambe le componenti. Ho più volte manifestato il mio disappunto per la mancata convocazione, ma purtroppo non è stata trovata una data in cui sia il presidente che la maggioranza dei membri del consiglio potessero partecipare. Del resto, è comprensibile trattandosi di scienziati impegnati su molteplici fronti e che prestano la loro opera su base volontaria.
Conto, ora che sono presidente della Stazione, di riunirlo al più presto. Tuttavia, non è mancata una vigilanza, dato che io stesso sono venuto più volte a Napoli per incontrare i ricercatori e ho collaborato con il presidente Bowler e altri membri del C.S. su problemi specifici.

Quindi la vedremo più spesso a Napoli, rispetto al precedente presidente Bowler?

“Sarò presente con continuità, ho già informato la mia università che prenderò un’aspettativa per tutto il periodo della nomina”.

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