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Il 16 maggio 2024, Politici, Istituzioni e stakeholder si uniscono ai ricercatori per un'immersione unica nel cuore di due grandi progetti.
Un'occasione imperdibile per:
• Comprendere le attività dei progetti TREC e CRIMAC
• Scoprire l'importanza della ricerca per la conoscenza e la tutela del territorio
• Incontrare politici, istituzioni, stakeholder e ricercatori
• Condividere idee, riflessioni e possibili collaborazioni
Programma:
Mattina (10:30 - 12:00)
• Visita al sito di campionamento TREC presso la Foce del Fiume Ferro: un'occasione imperdibile per osservare da vicino il lavoro dei ricercatori e scoprire le preziose informazioni raccolte per le ricerche in corso.
Pomeriggio (15:30 – 18.00 Sala Conferenze - Calabria Marine Centre - CRIMAC)
Dopo i Saluti Istituzionali, che vedranno la partecipazione di figure di rilievo del panorama scientifico e istituzionale, il convegno " TREC incontra CRIMAC" entrerà nel vivo con la presentazione e la disamina delle attività che caratterizzano questi due importanti progetti.
TREC e CRIMAC due realtà con un obiettivo comune: la tutela e la valorizzazione del territorio attraverso la ricerca scientifica d'avanguardia.
Un'occasione unica per scoprire da vicino le loro missioni, i risultati ottenuti e le sfide future. Un viaggio affascinante all'interno di laboratori all'avanguardia e strumentazioni innovative, dove la scienza si trasforma in strumento per comprendere e proteggere a diversa scala il nostro pianeta.
Ma l’incontro non si ferma qui, la tavola rotonda, aperta al confronto con esponenti di spicco di altri Enti di Ricerca, Università, Realtà Territoriali, stakeholder, giornalisti e cittadinanza interessata, sarà un'occasione per approfondire i temi chiave legati alla tutela dell'ambiente e allo sviluppo sostenibile. Un dialogo aperto e costruttivo, dove diverse voci e competenze si intrecceranno per tracciare la rotta verso un orizzonte più sostenibile e resiliente. Un'opportunità preziosa per condividere idee, esperienze, promuovendo la sinergia e la collaborazione tra i vari attori del settore. Al termine della tavola rotonda, i partecipanti saranno invitati a visitare i laboratori e le strumentazioni della sede CRIMAC. Un'immersione diretta nel cuore della ricerca, dove potranno ammirare da vicino le tecnologie all'avanguardia impiegate per lo studio e la tutela dell'ambiente marino.
Un invito a tutti gli stakeholder, agli operatori del settore, agli studenti e alla cittadinanza attiva a partecipare attivamente a questo incontro, per costruire insieme un futuro più sostenibile per le generazioni presenti e future.
Per informazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Una nuova ricerca mostra che i livelli elevati di inquinamento da plastica possono uccidere gli embrioni di una vasta gamma di animali oceanici.
Gli scienziati hanno testato gli effetti dei nuovi pellet di PVC (i “nurdles” di pre-produzione utilizzati per realizzare molti prodotti di plastica) sullo sviluppo di dieci specie, che abbracciano tutti i principali gruppi (superphyla) di animali oceanici.
L'esposizione ad alte concentrazioni di pellet di PVC ha impedito uno sviluppo sano in tutte e dieci le specie.
Il processo principale interessato era la morfogenesi – un organismo che sviluppa la sua forma – e gli embrioni malformati non possono sopravvivere.
Lo studio, condotto da un team internazionale guidato dalla Stazione Zoologica Anton Dohrn (Italia) e in collaborazione con l’Università di Exeter (Regno Unito), l’Università di Barcellona (Spagna) e la Queen Mary University di Londra (Regno Unito), evidenzia i “potenziali effetti catastrofici” dell’aumento dei livelli di plastica nell’oceano.
"Quando esposte ad alti livelli di nuovi pellet di PVC, le specie che abbiamo esaminato hanno mostrato diversi problemi sviluppo", ha affermato la prima autrice dello studio, la dott.ssa Eva Jimenez-Guri.
“Alcuni non sono riusciti a creare una conchiglia o una notocorda, altri non sono riusciti a formare caratteristiche bilaterali (sinistra-destra), altri hanno semplicemente smesso di svilupparsi dopo alcuni cicli di divisione cellulare.
“Nessuno è riuscitio a creare un embrione vitale”.
Lo studio ha incluso anche specie che si riproducono asessualmente mediante rigenerazione (scissione) e ha scoperto che anche queste erano colpite da alte concentrazioni di nuovi pellet di PVC.
“Il livello di inquinamento che abbiamo esaminato sarebbe stato riscontrato solo in circostanze come una fuoriuscita di pellet di PVC”, ha affermato la dottoressa Jimenez-Guri.
“Sappiamo che questi eventi straordinari possono accadere. Ad esempio, a gennaio milioni di pellet sono fuoriusciti da una nave mercantile al largo del Portogallo.
“Si è scoperto che anche i fiumi e le spiagge vicino agli impianti petrolchimici contengono livelli molto elevati di pellet di pre-produzione”.
L’Unione Europea sta attualmente discutendo una legislazione volta a ridurre i rilasci di pellet di plastica pre-produzione.
Lo studio ha inoltre esaminato gli effetti tossici dei campioni di plastica recuperati dalle spiagge.
Sebbene gli effetti non fossero così diffusi come quelli dei nuovi pellet di PVC, è stato riscontrato che alte concentrazioni influenzano lo sviluppo di molluschi, ricci di mare, stelle marine e ascidie.
Le coste e i fiumi sono noti punti focali dell’inquinamento da plastica e, poiché le specie oggetto dello studio vivono tutte in aree costiere, un grave inquinamento potrebbe avere un impatto notevole.
“Se si verifica un inquinamento estremo in un momento in cui queste specie si riproducono, allora non si avrà la generazione successiva di quelle specie”, ha affermato la dottoressa Jimenez-Guri.
Spiegando come la plastica causa anomalie dello sviluppo, la dottoressa Jimenez-Guri ha affermato che la plastica contiene una complessa varietà di componenti potenzialmente dannosi, tra cui in questo caso lo zinco, che vengono rilasciati lentamente una volta che la plastica è nell’acqua.
La ricerca è stata finanziata da una borsa di studio Marie Skłodowska-Curie assegnata alla la dottoressa Jimenez-Guri presoo la Stazione Zoologica Anton Dohrn.
L’articolo, pubblicato sulla rivista Chemosphere, è intitolato: “Developmental toxicity of pre-production plastic pellets affects a large swathe of invertebrate taxa” (https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S004565352400780X).
Tipo selvatico (a sinistra) Parhyale hawaiensis (crostaceo), Ciona intestinalis (tunicato) ed Exaiptasia diaphana (cnidario) accanto agli animali dello stesso stadio trattati con percolati di pellet di PVC (a destra).
Il gruppo di ricerca guidato dalla Dott.ssa Maria Ina Arnone alla Stazione Zoologica Anton Dohrn ha pubblicato un nuovo studio che descrive lo sviluppo e la caratterizzazione delle cellule che producono l’ormone di rilascio della tireotropina (TRH) dai primi stadi di sviluppo fino allo stadio successivo alla metamorfosi, chiamato juvenile.
I ricci di mare hanno uno sviluppo complesso. Dopo gli stadi embrionali segue un stadio di larva, chiamata pluteo, che non assomiglia all’adulto, cui darà origine dopo metamorfosi. Durante tutto lo sviluppo il sistema nervoso si accresce in complessità. Utilizzando tecniche per la visualizzazione di mRNA e proteine, è possibile individuare specifici neuroni, ottenere informazioni sulla loro funzione e seguirne le modifiche durante lo sviluppo.
In questo studio, il team di ricercatori si è concentrato su un particolare gruppo di neuroni (detti TRHergici) che producono un omologo dell’ormone TRH che nei mammiferi è prodotto dal cervello e controlla l’attività della tiroide. In particolare, i ricercatori hanno individuato le cellule TRHergiche a vari stadi dello sviluppo nella specie mediterranea Paracentrotus lividus, mostrando come il numero di cellule e di assoni aumenta fino a produrre una estesa rete di neuroni TRHergici. Nei juvenile questa rete colonizza quasi tutte le strutture, comprese le spine e i pedicelli.
Infine, i ricercatori hanno caratterizzato gli altri geni espressi dalle cellule TRHergiche della larva di P. lividus e le hanno confrontate con quelle di altre specie di riccio di mare: Strongylocentrotus purpuratus, Arbacia lixula e Heliocidaris tuberculata; in questo modo hanno indagato come questi neuroni si sono evoluti.
Il lavoro, pubblicato sulla rivista Frontiers in Neuroscience
(https://www.frontiersin.org/journals/neuroscience/articles/10.3389/fnins.2024.1378520/full), è stato svolto nel laboratorio della Dott.ssa Arnone alla Stazione Zoologica Anton Dohrn, dalla Dott.ssa Maria Cocurullo in collaborazione con il Dott. Periklis Paganos e la Dott.ssa Giovanna Benvenuto.
Nel 1898 Camillo Golgi descrisse la struttura intracellulare che in seguito prese il suo nome, l’apparato di Golgi, e che oggi sappiamo essere coinvolta nel trasporto e nella modificazione di proteine destinate alla secrezione. L’apparato di Golgi può essere formato da unità singole o multiple; quest’ultime possono rimanere indipendenti o connettersi le une alle altre in un’unica struttura centralizzata chiamata Golgi ‘ribbon’. Il ribbon è generalmente considerato un’organizzazione dell’apparato di Golgi esclusivamente presente nelle cellule degli animali vertebrati. Il motivo per cui il Golgi ribbon si sia evoluto e le sue funzioni biologiche non sono chiare. Tuttavia, in diverse patologie, tra cui le malattie neurodegenerative, questa organizzazione dell'apparato di Golgi viene persa, indicandone l’importanza per la fisiologia cellulare.
Lavorando sulla secrezione cellulare, prima a UConn Health negli Stati Uniti e in seguito all’University College London nel Regno Unito, il dottor Ferraro è stato a lungo affascinato dal Golgi ribbon, ipotizzando che le sue funzioni possano essere decifrate tramite un approccio di biologia comparativa, in una prospettiva evoluzionistica. Rientrato in Italia, alla Stazione Zoologica Anton Dorhn, il dottor Ferraro ha focalizzato i suoi interessi sul Golgi ribbon conducendo uno studio che ha coinvolto numerosi colleghi dell’istituto napoletano e di centri di ricerca in Francia, Spagna, Germania, Regno Unito, Norvegia e Stati Uniti (*). Lo studio, apparso in questi giorni sulla rivista Cell Reports (ref) ha scoperto che lungi da essere esclusivo dei vertebrati il Golgi ribbon è presente nelle cellule di molti gruppi tassonomici di animali. Queste osservazioni indicano che questa struttura dell’apparato di Golgi è apparsa presto nella storia evolutiva degli animali, prima della loro diversificazione nei gruppi oggi esistenti. Lo studio ha anche rivelato che questa struttura, inizialmente assente, si forma durante lo sviluppo embrionale nel riccio di mare, nell’ascidia e nell’anfiosso. Questa osservazione suggerisce la possibilità che il Golgi ribbon abbia una funzione nello sviluppo embrionale e che forse questo è il ruolo ancestrale per cui si è evoluto.
Rivelando l’insospettata e ampia presenza del Golgi ribbon tra gli animali, lo studio che si è avvalso della collaborazione interdisciplinare di zoologi, biologi cellulari, dell’evoluzione e dello sviluppo riporta l’attenzione della comunità scientifica su questa struttura enigmatica e sulla importanza di decifrarne le funzioni. Futuri studi in questa direzione permetteranno una maggiore comprensione del ruolo del Golgi ribbon nell’evoluzione delle cellule animali e nella loro fisiologia, e delle conseguenze che la sua perdita sul decorso delle malattie neurodegenerative e di altre patologie.
Un’indagine morfologica dell’apparato di Golgi in specie contemporanee ha permesso di identificare l’origine del Golgi ribbon durante la storia evolutiva degli animali nell’antenato comune degli cnidari (meduse e coralli) e dei bilateri (tutti gli animali con simmetria bilaterale).
Le immagini mostrano un embrione di riccio di mare (Paracentrotus lividus) marcato con indicatori fluorescenti dell’apparato di Golgi (verde) e della membrana plasmatica (magenta). Si può osservare come l’apparato di Golgi, inizialmente presente come elementi separate nelle cellule embrionali, divenga una singola struttura, il Golgi ribbon. Il tempo trascorso dalla fecondazione è indicato.
*Oltre a Francesco Ferraro allo studio hanno contribuito Giovanna Benvenuto, Serena Leone, Emanuele Astoricchio, Enrico D’Aniello, Salvatore D’Aniello e Ina Arnone della Stazione Zoologica Anton Dohrn; Sophia Bormke, Jack Ullrich-Lüter e Carsten Lüter del Museo di Storia Naturale di Berlino in Germania; Sanja Jasek e Gáspár Jékely del Living Systems Institute della University of Exeter nel Regno Unito; Maike Kittelmann del Department of Biological and Medical Sciences della Oxford Brookes University nel Regno Unito; Kent McDonald della University of California Berkeley negli Stati Uniti; Volker Hartenstein del Department of Molecular, Cell and Developmental Biology dell’University of California Los Angeles negli Stati Uniti; Valentina Baena del Department of Cell Biology di UConn Health di Farmington negli Stati Uniti; Héctor Escrivà e Stephanie Bertrand dell’Istituto di Biologie Intégrative des Organismes Marins della Universita della Sorbona e CNRS in Francia; Bernd Schierwater dell’Institute of Ecology and Evolution della Hannover University of Veterinary Medicine Foundation in Germania; Pawel Burkhardt del Michael Sars Centre dell’Università di Bergen in Norvegia; Iñaki Ruiz-Trillo dell’Institut de Biologia Evolutiva dell’Università Pompeu Fabra di Barcellona in Spagna. February 29, 2024 DOI:https://doi.org/10.1016/j.celrep.2024.113791
L’Associazione Amici dell’Acquario di Napoli presenta l’incontro-dibattito Dialogo sugli Oceani che si svolgerà lunedì 22 aprile alle ore 17:30 presso la sala Donato Marino della Stazione Zoologica Anton Dohrn in Villa Comunale.
Da una parte Roberto Casati, filosofo, che ha proposto un forte cambiamento delle nostre prospettive di vita nel suo libro “Oceano”. Casati scrive “La filosofia e il mare sono legati a doppio filo”, e ci racconta perché nella sua opera. Dall’altra Daniele Iudicone, oceanografo, che studia le dinamiche di quello stesso oceano, e legge i movimenti delle correnti e delle onde come fossero parole sulla pagina di un libro.
Introduce e modera:
Silvia Caianiello, storica della scienza
Istituto per la Storia del Pensiero Filosofico e Scientifico Moderno, CNR
Intervengono:
Roberto Casati, filosofo
École normale supérieure di Parigi
Daniele Iudicone, oceanografo
Stazione Zoologica Anton Dohrn
Con l'occasione sarà inaugurata la mostra Above and Below: visioni di città e paesaggi terrestri ripresi sotto il pelo dell’acqua di mare giocando con la variazione dell’indice di rifrazione tra acqua e aria. L’esposizione fotografica sarà arricchita da paesaggi sonori opposti: da una parte i rumori del traffico di una città (Napoli), e dall’altra il soundscape sottomarino costiero del Golfo di Napoli.
Fotografie:
Martin Devrient
Installazione sonora:
Francesco Caruso, bioacustico
Stazione Zoologica Anton Dohrn
Marco Signore, paleontologo
Stazione Zoologica Anton Dohrn
La serata si concluderà con un brindisi.
L’ingresso è libero fino ad esaurimento posti.
Vi aspettiamo!
Pilar Tozzi
Presidente Associazione Amici dell’Acquario di Napoli
Marina Montresor
Segreteria Associazione Amici dell’Acquario di Napoli
AVVISO PUBBLICO PER IL CONFERIMENTO DI INCARICO COORDINATORE AREA TERZA MISSIONE
Scadenza 23 aprile 2024
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Pubblicato il 08.04.2024
Avviso: procedura partecipata per l’acquisizione di proposte e/o osservazioni per la modifica del Codice di comportamento della Stazione Zoologica Anton Dohrn
Scadenza 30.04.2024
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Pubblicato il 03.04.2024
Una nuova specie di parassita è stata descritta da una rara specie di razza della costa Pacifica della Costa Rica il cui nome scientifico è Urotrygon munda. La nuova specie di trematode nominata Anaporrhutum mundae è stata descritta da un team di ricercatori della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli (SZN), dell’Universidad de Costa Rica (UCR) e dell’ Instituto Costarricense de Pesca y Acuicultura. Il team guidato dal Dr. Mario Santoro (SZN) e dal Dr. Alberto Solano-Barquero (UCR) ha pubblicato questa nuova scoperta nella rivista scientifica Journal of Helminthology (https://doi.org/10.1017/S0022149X2400018X) nell’ambito di un progetto internazionale finalizzato allo studio della biodiversità parassitaria dei pesci marini della Costa Rica. La Costa Rica possiede un’impressionante livello di biodiversità che include anche tante specie endemiche di differenti taxa. Il Dr. Mario Santoro sostiene che il proseguo della ricerca condurrà alla scoperta di molte nuove interessanti “sorprese” nei pesci della Costa Rica.
Uno studio condotto da un team della Stazione Zoologica Anton Dohrn guidati dal ricercatore Ulisse Cardini del Dipartimento di Ecologia Marina Integrata firma una nuova pubblicazione scientifica che esplora il ruolo delle simbiosi tra le piante marine e i loro partner microscopici e come l’acidificazione degli oceani influisca sul loro nutrimento.
Le praterie di piante marine sono ecosistemi ricchi di biodiversità, simili a giardini sottomarini, fondamentali per la vita degli oceani e delle creature marine. Tuttavia, si trovano ora ad affrontare una minaccia crescente: l'acidificazione degli oceani, derivante dalla dissoluzione eccessiva di anidride carbonica, prodotta principalmente dalle attività umane.
Per comprendere gli effetti di tale acidificazione sul nutrimento delle piante marine, uno studio innovativo si è concentrato sulla Posidonia oceanica nel Mar Mediterraneo e sul ruolo dei suoi simbionti microscopici. Sfruttando le emissioni di anidride carbonica provenienti dalle attività vulcaniche presso l'isola di Ischia, in Italia, gli scienziati hanno studiato questa pianta e i suoi simbionti in condizioni di acidità non lontane da quelle previste per il futuro degli oceani. Alla guida di questo importante lavoro il dott. Ulisse Cardini della Stazione Zoologica Anton Dohrn presso il Genoa Marine Center, in collaborazione con ricercatori dell’Università di Brema in Germania, dell’Istituto per le Risorse Biologiche e le Biotecnologie Marine - CNR di Ancona, dell’Università di Aarhus in Danimarca e dell’Università della Boemia Meridionale in Repubblica Ceca.
Le loro scoperte sono state sorprendenti: nonostante l'acidità crescente, le praterie di posidonia mostrano una straordinaria resilienza nei processi del ciclo dell'azoto, un nutriente fondamentale per la loro crescita. Le foglie di queste piante marine sono diventate vere e proprie centrali per le trasformazioni dell'azoto, coinvolgendo una vasta gamma di microorganismi simbiotici, tra cui Batteri e Archaea.
Ancora più interessante, commenta il dott. Ulisse Cardini, è stato osservare che, nonostante l'acidità in aumento, questi microorganismi non solo rimangono attivi ma accelerano anche molti processi cruciali. Mentre le piante marine traggono beneficio dall'aumento di anidride carbonica per la fotosintesi e la produzione di zuccheri, i microorganismi favoriscono la sintesi proteica attraverso una maggiore acquisizione di azoto.
Tuttavia, spiega ancora il dott. Cardini, questo vantaggio nutrizionale non è privo di rischi, dal momento che può aumentare il rischio di predazione da parte di erbivori e altri organismi. Questo delicato equilibrio mette in evidenza l'importanza di uno studio dettagliato dei processi che regolano la salute e la resilienza degli ecosistemi marini.
In conclusione, questo studio fornisce preziose informazioni su come le piante marine e i loro microbi affrontano l'acidificazione degli oceani, sottolineando l'importanza di proteggere questi ecosistemi, fondamentali per contrastare i cambiamenti climatici e per la conservazione della vita oceanica per le generazioni future.
Team Stazione Zoologica Anton Dohrn
Ulisse Cardini (EMI), Johanna Berlinghof (EMI e Università di Brema), Luis Montilla (EMI), Friederike Peiffer (EMI), Ugo Marzocchi (EMI e Università di Aarhus), Francesca Margiotta (RIMAR), Maria Abagnale (RIMAR)
Original publication
Johanna Berlinghof, Luis M. Montilla, Friederike Peiffer, Grazia M. Quero, Ugo Marzocchi, Travis B. Meador, Francesca Margiotta, Maria Abagnale, Christian Wild & Ulisse Cardini. Accelerated nitrogen cycling on Mediterranean seagrass leaves at volcanic CO2 vents. Communications Biology 7, 341 (2024). https://doi.org/10.1038/s42003-024-06011-0
Project funding
This research was supported by a Ph.D. fellowship co-funded by the Stazione Zoologica Anton Dohrn (SZN) and the University of Bremen (to J.B. and F.P.), a Ph.D. fellowship funded by the Open University – SZN Ph.D. Program (to L.M.M.), and a SZN postdoctoral fellowship (to U.M.). U.C. was partially supported by the Italian PRIN 2022 project ENGAGE (grant n. 20223R4FJK) and PRIN 2022 PNRR project BORIS (grant n. P2022R739J), funded by the European Union – Next Generation EU.